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Ricordi d’Egitto. Un raro fondo fotografico del mercante (d’arte) André Bircher a Il Cairo
Le rare e fragili stampe all’albume qui esposte sono tutte opere di noti fotografi le cui biografie sono ancora poco conosciute al grande pubblico, tra cui Pascal Sébah, Wilhelm Hammerschmidt, Antonio Beato, Felix Bonfils, i Fratelli Zangaki e Gabriel Lékégian, i quali avviarono la loro attività in Egitto dalla metà del XIX secolo vendendo le loro stampe ai viaggiatori del Grand Tour, a imprenditori e uomini d’affari o agli esploratori come ricordi dei loro viaggi.
Affascina ancora oggi il contrasto con cui la delicata effimera ossidazione della gelatina d'argento nella fotografia testimonia la resilienza di monumenti millenari: un contrasto che alla fine si inverte visto che le fotografie risultano testimonianze quasi più durevoli dello stato originale di alcuni monumenti che non si sono conservati nel tempo. Alla apparente precarietà di questa forma di rappresentazione della realtà, dobbiamo purtroppo contrapporre lo spostamento e la distruzione di alcuni siti archeologici, a seguito delle azioni degli uomini sull’ambiente. Tra le nostre immagini si vedono i templi di File e di Abu Simbel nella collocazione originaria, antecedente lo spostamento del 1980 resosi necessario con la costruzione della diga di Assuan.
I nomi citati possono essere considerati membri della seconda generazione di fotografi attivi in Egitto. Mentre gli esponenti della prima generazione di fotografi come John Beasley Greene, Francis Frith, Maxime Du Camp arrivarono in Egitto a seguito delle prime spedizioni commerciali e militari e si spostarono con esse, i loro successori risiedevano permanentemente nel paese dove operarono per decenni, insediando i loro negozi nelle vie commerciali di piccole e grandi città, come Luxor, Port Said, Tunisi, e Il Cairo. In alcuni di questi negozi, le vecchie lastre di vetro originali sono state conservate fino ad anni recenti (es. Lehnert e Landrock a Il Cairo). Le 91 fotografie che costituiscono il fondo Bircher rappresentano una collezione particolarmente interessante in quanto sono state raccolte tra gli anni ‘60-‘80 dell’Ottocento da uno dei protagonisti del folto gruppo di commercianti svizzeri in Africa, André Bircher da Küttingen nel Canton Argovia. Le vedute storiche del Vicino Oriente, delle città, dei monumenti e i paesaggi dell’Egitto, del Libano, della Siria, della Tunisia e della Palestina molto probabilmente furono acquistati da Bircher direttamente dai fotografi stessi.
Negli anni Sessanta André Bircher stabilì una sede commerciale prima a Alessandria e poi a Il Cairo, da dove trattava sostanze chimiche, carta, stoffe e gomma arabica, cere, caffè, avorio e piume di struzzo in gran parte provenienti dal Sudan e portate con le carovane.
Negli anni affiancò alla sua attività di commerciante quella di collezionista e intermediatore di antichità egizie ed etiopi. Nel 1906 si trasferì in un palazzo mamelucco del ‘300 nel centro de Il Cairo e lo trasformò gradualmente in un vero e proprio negozio-museo. Per diversi anni la dimora fu il capolinea delle carovane provenienti dalla Nubia, che nel suo cortile portavano, insieme alle merci, vari reperti da sottoporre alla colta ispezione di Bircher.
Nel 1925, dopo la sua morte, la sua collezione fu venduta e gli oggetti si sparsero in tutto il mondo: alcuni importanti reperti finirono in musei prestigiosi come il Museo egizio de Il Cairo, il Museo Cinquantenaire in Bruxelles, il MET di New York; molti altri entrarono a far parte di collezioni private.
Altre fotografie acquistate in Egitto da André Bircher diedero origine al museo fotografico della Mittelschweizerische Geographisch-Commercielle Gesellschaft di Aarau di cui egli era stato cofondatore. Le fotografie ora custodite presso la Biblioteca dell’Accademia di architettura sono riapparse nel 2018 sul mercato antiquario in Ticino e provengono dalla dimora della nipote di André, Warda Bleser-Bircher, a Orselina.
Con questa esposizione la Biblioteca dell’Accademia di architettura inaugura una serie di mostre fotografiche che orbiteranno attorno al tema del colonialismo in Africa e della sua rappresentazione.
A cura di
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Silvio Bindella
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Angela Windholz
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Elisabetta Zonca
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Alberto Canepa (per la grafica)
Between invention and imagination: André Corboz and the territory as palimpsest
I noti contributi di André Corboz (1928-2012) alla storia dell’urbanistica e all’analisi dell’attuale realtà urbana si muovono tra storia dell’arte e storia dell’architettura. In un periodo definito meno dal neostoricismo urbanistico che dalla riflessione critica sulla modernità, egli coniò espressioni quali “ipercittà” e “territorio come palinsesto”. Sebbene Corboz abbia assistito al cambiamento culturale associato al postmodernismo, non fu tra i protagonisti di questo dibattito, eccetto forse riguardo al tema della tutela urbana e storica. Con l’introduzione del concetto di “rianimazione” nella propria riflessione, Corboz divenne debitore di Umberto Eco e della sua idea di opera d’arte aperta. Un appassionato interesse per il progetto illuminista e per la rappresentazione di uno spazio urbano protoindustriale erano già presenti nel titolo e nella finalità del suo primo libro: Invention de Carouge. 1772–1792 (1968). Laureatosi in legge nel 1952, Corboz ebbe una tortuosa carriera accademica. Nel 1980 presentò la sua tesi dottorale su La Venise imaginaire de Canalettoall’antropologo francese Gilbert Durand e diventò il successore di Paul Hofer presso l’ETH di Zurigo.
L’esposizione mappa il “nomadismo disciplinare” (Bernardo Secchi) di uno studioso che ha navigato tra i vari campi del sapere. Ora è possibile, presso l’Accademia di architettura, seguire le traiettorie intellet- tuali delle sue ricerche e approfondirne gli specifici contesti tematici. Il completamento, nel 2017, della catalogazione dei 23’757 libri appartenenti al Fondo Corboz, conservati rispettando l’ordinamento della sua biblioteca personale, arricchisce il patrimonio della Biblioteca dell’Accademia aprendo agli studiosi nuove prospettive di indagine. Inoltre la cospicua documentazione conservata a Palazzo Turconi include materiali di lavoro privati che testimoniano una carriera durata mezzo secolo. L’archivio iconografico, costituito da 43’371 diapositive e 28’291 cartoline, rivela un Corboz esperto fotografo. L’esposizione illustra come i viaggi e la fotografia hanno stimolato una creatività intellettuale che ha portato a una straordinaria interpretazione dello spazio.
Acque, infrastrutture e memoria - Una selezione di documenti fotografici tratti dall’archivio dell’ingegner Augusto Rima di Locarno (1916-2003)
In occasione dell’inventariazione dell’archivio di Augusto Rima la Biblioteca dell’Accademia di architettura partecipa, con una mostra di documenti storici, alla 9ª Biennale dell’Immagine organizzata dalla Galleria Cons Arc e il m.a.x. Museo di Chiasso e intitolata TRASFORMAZIONI. Le fotografie in esposizione documentano le complesse condizioni ambientali e le sfide ingegneristiche legate alla gestione delle acque territoriali del Canton Ticino, ma anche gli squilibri ecologici creati dal boom economico e demografico della regione. Pur trattandosi di documenti di carattere tecnico costituiscono una memoria di forti impressioni sulle dinamiche di trasformazione del territorio. Oltre all’allestimento fotografico, che si presenta come una fenomenologia visiva dell’impatto delle acque, la mostra propone la rilettura di alcuni dossier analitici dell’ingegnere: approfondimenti sulla ricerca delle cause di carattere morfologico, costruttivo e strutturale, che hanno provocato vari problemi di ordine ambientale.